gioielli
quando ero piccola, al mare a Livorno, quando le giornate diventavano interminabili e noiose, iniziavamo a fare i "corallini". collanine di perline infilate nelle lenze da pescatore. un lavoro di pazienza, di sviluppo della prassia fine e un passatempo nel vero senso della parola.
un anno, complice la vicina di ombrellone orafa, al gruppetto di bimbe che frequentavo si aprì il mondo del filo di metallo. ottone, ferro, da piegare con speciali pinzette che ci aveva portato la nonna orafa (e che ora si trovano comodamente in qualsiasi bazaar da bricolage). il successo mondiale (visto che il nostro mondo erano i Bagni Roma) fu immediato, con una platea di ragazze per noi grandissime. paganti.
credo che sia partito tutto da lì.
fare gioielli, orecchini, anelli, pendenti per collane è un'attività a cui mi sono dedicata in fasi intense e particolari, solitamente di solitudine/tristezza.
some tutte le attività manuali mi serve per rallentare le ruminazioni mentali. per fare qualcosa di unico e pensare che ogni accrocco (perché alla fine i miei gioielli hanno molto del pattern estetico dell'accrocco) è bello perché è così, un po' sbilenco.
c'è la poetica del riciclo di roba rotta, kintsugi dei poveri e via discorrendo.
spesso li regalo, opportunamente a persone che so che possono apprezzare. ma li ho anche venduti, in momenti di estrema precisione di bilancio, per usare un eufemismo.
alcuni sono anche belli.